Piero Indrizzi - Pittore

giovedì 3 settembre 2009

Addio uomo: farai la fine dei dinosauri

Sos pianeta terra.
Una ricerca americana commissionata dall'Onu: troppe offese all'ecosistema, la nostra razza ha gli anni contati.

NEW YORK - Sos pianeta Terra. E stavolta non è l'ennesimo allarme ecologico sulle lontane conseguenze dell'effetto serra o del buco nell'ozono: una mega-ricerca commissio-nata dall'Onu a 175 scienziati di tutti i Paesi del mondo i cui primi risultati verranno presentati all'assemblea generale riunita a New York il 22 aprile 2000, Giornata della Terra, dimostra che non è più solo l'ambiente a soffri-re, ma l'umanità stessa. Che non muoiono soltanto le testuggini del Pacifico, il ghepardo africano o le tigri del Bengala, ma la stessa razza umana rischia l'estinzione.
In base allo studio intitolato «Pilot analysis of global ecosystems» (Analisi pilota degli ecosistemi globali) ed elaborato dal World Resources Insitute per l'Unap, agenzia per l'am-biente delle Nazioni unite si scopre che i il nostro pianeta sta collassando.
Quest'alba del secondo millennio mostra tutti i tipici segni delle sei estinzioni di massa precedenti, quando la vita venne spazzata via dal pianeta quasi completamente per ripartire poi da zero. L'ultima delle sei estinzioni è stata quella famosa dei dinosauri, scomparsi dalla faccia della terra circa 65 milioni di anni fa. Anche allora, come oggi, il primo passo era stata la distruzione della biodiversità: prima dei grandi dinosauri erano sparite innumerevoli altre specie di cui ci restano poche, ma chiare, tracce. Noi siamo già in questa fase: «Al ritmo attuale spiega il biologo E.O. Wilson entro due o tre decenni, al massimo alla fine del secolo, metà delle specie esistenti saranno estinte». In sostanza, siamo nel bel mezzo della settima estinzione di massa dalla quale verremo travolti anche noi esseri umani, se non ci fermiamo prima. Ma quando si arriva al punto di non ritorno?
Per molti ecosistemi questo punto è già stato raggiunto o sta per esserlo in tempi brevi. Lo dimostrano i disastri che sono già in atto. Milioni di abitanti del Sud-Est asiatico costretti a tapparsi in casa per settimane da un'enorme nube nera che oscura il sole, alzatasi dal devastante rogo delle foreste del Borneo; 4mila morti e 14 milioni di senza tetto a causa delle alluvioni seguite alla deforestazione in Cina; trentamila morti nelle favelas sudamericane sommerse dal fango; migliaia di morti in Etiopia dove non piove da tre anni; trentamila canadesi costretti a emigrare dal collasso della pesca al merluzzo.
L'inquinamento ormai senza ritorno delle falde acquifere (e il consumo di acqua è sestuplicato nell'ultimo secolo) e la distruzione delle aree costiere da cui dipende in gran parte la vita dei pesci e anche quella di circa due miliardi di persone fa prevedere un collasso imminen-te anche per questi due ecosistemi, mentre lo sfruttamento dei terreni agricoli è talmente deva-stante che tre quarti delle aree coltivate sono destinate a diventare un deserto privo di risorse.

Su tutto ciò troneggia una razza umana in agghiacciante crescita (cent'anni fa eravamo 1 miliardo e seicento milioni, oggi siamo quasi sei miliardi e cento milioni), che rischia ben presto di arrivare al suo capolinea.

Di Elena Corelli

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